La vita di un cavallo

Vita Media di un Cavallo da corsa

Dal punto di vista fisiologico, la vita media di un cavallo da corsa è di circa 20 anni, in alcuni rari casi si è arrivati a cavalli oltre i 30 anni di vita. Volendo fare un paragone con l’essere umano, un puledro di due anni equivale a un giovane di 16-18 anni, mentre un purosangue oltre i 25 anni è quasi paragonabile a un uomo centenario.

Da Puledro a cavallo

I puledri trascorrono i primi mesi di vita insieme alle madri, prima di iniziare lo svezzamento intorno ai cinque-sette mesi ed essere trasferiti in una zona loro dedicata, chiamata solitamente “puledraia”, dove completano la crescita sino a circa un anno di età.

A questo punto iniziano la doma e l’addestramento, di tipo diverso per galoppatori e trottatori. L’attività agonistica ha inizio intorno all’anno e mezzo, e già a due anni possono partecipare a corse riservate a cavalli di questa età. A tre anni purosangue e trottatori sono nel pieno della loro attività agonistica, che può durare in media sino ai 5 anni per il galoppo e di 7 anni per il trotto. Nel galoppo non esistono limiti massimi di età per partecipare alle corse, mentre nel trotto il limite è di 10 anni d’età.

I migliori stalloni, destinati alla riproduzione, terminano la carriera delle corse molto presto: di solito, quattro anni per il galoppo e cinque-sei per il trotto; le migliori femmine possono essere avviate alla riproduzione già a tre anni.

L’albero genealogico

I cavalli galoppatori sono definiti “purosangue” perché la loro genealogia viene accuratamente controllata: tutti i purosangue, infatti, discendono in linea maschile dall’incrocio tra 50 fattrici appartenenti alla Corona britannica (le Royal Mares) e tre stalloni arabi orientali: Byerly Turk, Darley Arabian e Godolphin Barb. I primi puledri, considerati nomi leggendari nel settore, sono stati Eclipse, Herod e Matchem.

La nascita dello “Stud book” inglese risale al 1793: da allora, un cavallo galoppatore per poter partecipare alle corse ufficiali deve essere nato da uno stallone e da una fattrice registrati nello stud book dei diversi Paesi.

In Italia, il primo Libro genealogico è stato istituito nel 1875, con relazione presentata dall’allora ministro all’agricoltura Finali al re Vittorio Emanuele II, che emanò il conseguente decreto. Il primo regolamento vide la luce l’anno successivo, così come la prima registrazione ufficiale dello stato dell’ippica italiana: 105 cavalle inglesi importate da 1833 e 54 nate in Italia dal 1834; 153 stalloni inglesi importati dal 1830 e 44 nati in Italia dal 1841.

A livello mondiale, la genealogia viene curata oggi dallo Isbc (International Stud Book Committee), e nonostante non esistano standard di razza (altezza, dati biometrici, ecc.), per poter essere registrati nello stud book vi sono comunque limiti invalicabili: oltre ad avere padre e madre iscritti allo stud book, il puledro non deve tassativamente essere nato da inseminazione artificiale, da trasferimento di embrioni, o tramite manipolazione genetica.

La cura e la costante selezione per giungere a puledri sempre migliori, spesso seguendo ancora le linee guida tracciate nel secolo scorso dall’attenzione maniacale di Federico Tesio (il miglior allevatore della storia dell’ippica internazionale), fanno si è che l’allevamento italiano sia il perno fondamentale di tutta la filiera ippica.